Nobili critiche

"Lettera ad un amico leghista".


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Carissimo,

anche se non ci vediamo e non ci sentiamo più da alcuni anni, non ho alcun dubbio sui tuoi sentimenti nei miei confronti. Sono persuaso che essi restano gli stessi che io provo per te, vale a dire amicizia e simpatia al di là delle scelte politiche del partito al quale credo tu faccia ancora riferimento: ma, certo con il tuo solito spirito di libertà critica e di humour, non frequente nell'orizzonte politico odierno.

Spero che ti occupi ancora di simboli, d'insegne e di tradizioni. Lo facevi molto bene, e credo tu sia tra i responsabili sia della prima insegna della Lega, la croce rossa in campo bianco che con qualche libertà storico – filologica rinviava alla lotta della «Lega Lombarda» del XII secolo contro Federico Barbarossa (temo però che, sotto sotto, tu abbia sempre tifato per l'imperatore), sia la seconda e più originale e fortunata, il cosiddetto «Sole delle Alpi» verde in campo bianco.

Nel Sole delle Alpi ho visto, più energico e originale, lo zampino della tua cultura e della tua esperienza grafica. E qui anche la mistificazione è stata più forte: e tu devi esserne stato ben cosciente. Quel disegno d'una specie di fiore a sei petali, in realtà, corrisponde a uno dei motivi grafico – simbolici più comuni e diffusi del mondo eurasiatico. E uno dei disegni più eleganti ma anche più ovvi tra quelli che si possono fare con un normale compasso; lo si trova spessissimo nel repertorio dei contrassegni dei cosiddetti magistri comacini, ed è sovente associato alla svastica.

Ho visto personalmente decine di esempi di fiore a sei petali (chiamarlo «Sole delle Alpi»è stato un bello scoop: ma è arbitrario) associato alla svastica, tra Persia e Tibet: credo di averti anche inviato una volta una foto di un esempio del genere, rilevato nell'Indo Kush.

Bada che non ho alcuna intenzione di polemizzare, con questa istituzione di rapporto tra fiore a sei petali e svastica. Non voglio affatto insinuare che il Sole delle Alpi sia una «svastica leghista», e che quindi la Lega sia in qualche modo collegabile a simpatie neonaziste o roba del

 

 

genere. Voglio solo dire che c'è un parallelismo obiettivo tra l'appropriazione di un simbolo universale come lo swastika (si dorrebbe usare tale termine al maschile) da parte nazista e quella del fiore a sei petali da parte leghista: in tutti e due casi, ci sono stati riduzionismo e manipolazione.

Ed eccoci al punto: la Lega , alla ricerca del radicamento del suo ruolo di creatrice - inventrice di una «nazione», la Padania , si è data a una forte attività mitopoietica. In tale contesto, è partita alla ricerca delle tradizioni. Non ci sarebbe stato nulla di male, in questo.

La mia domanda è: perché proporre regolarmente delle tradizioni fasulle, visto che il mondo padano ne ha di autentiche e molto belle.

Perché, ad esempio, risvegliare i grotteschi fantasmi romantici della «Lega lombarda», col relativo zum-pa-pa di verdiana memoria, quando esistono le belle tradizioni d'origine longobarda e quelle legate alla corona di ferro di Pavia e al Regnum Italiae? Perché darsi a impantanare e a inzacchèrare con le balle neopagane del “dio Eridano” e riferirsi a un celtismo pagano che poi finisce col diventar una cattiva copia del neoceltismo irlandese e scozzese a sua volta un deprecabile centone reinventato negli ultimi decenni e riscodellato da riprovevoli grupazzi d'estrema destra? Perché prendersela con le moschee dei musulmani immigrati, che in fondo - quando non appartengono a centri collusi col terrorismo - sono innocui, e lasciare che muoiano le care illustri tradizioni lombarde autentiche, come le “Processioni della Stella” legate al culto dei magi, mentre invece si lascia prosperare robaccia come Papà Natale rivestito dalla Coca-Cola o le zucche stregoniche di Halloween?

Perché non partire sul serio alla caccia e alla rivitalizzazione delle tradizioni padane autentiche, che ci sono, sono tante e sono belle, invece di perdersi in tante porcheriole male inventate?

Lo chiedo a te, che sei colto, intelligente e onesto. Saluti cari e auguri di buon 2005.

 Franco Cardini.

 


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