Sole delle Alpi: altre interpretazioni


 

di Giuseppe Aloè 

 

Tutto quanto segue, immagini comprese, è tratto dal n° 12 dei Quaderni Padani 

editi dalla Libera Compagnia Padana a cui consiglio di associarsi.


 

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Il “Sole delle Alpi”, simbolo dell’identità Padana, ha una valenza di significati estremamente vasta e vorrei, con questo articolo, allargare un poco lo sguardo su ciò che sta dentro la sintetica, ma possente, forza suggestiva del linguaggio simbolico, avventurandomi nell’amplificazione dei significati nascosti e sovraconsci che un simbolo ci può rivelare. Naturalmente, il simbolo è sovraculturale, essendo l’archetipo gerarchicamente superiore al logos per cui un’amplificazione, sia pur ridotta, di un simbolo deve far riferimento anche a culture lontane per poterne cogliere tutta l’ampiezza. Tenterò, quindi, di dare una piccola immagine del “Sole delle Alpi” studiandolo simbolicamente da diversi punti di vista, e valutandolo rispetto alle singole caratteristiche: numero, forma, colore, eccetera. 

Interpretazione riguardo al numero. Le sei foglie del simbolo richiamano chiaramente il numero sei ed il numero sette (sei foglie più il centro). Il numero sei è il numero sacro dello Shaktismo e del Tantra essendo il numero delle sei Shakti, cioè delle forze femminili che sorreggono l’universo nella tradizione tantrico-Shivaita, risalente alla cultura patriarcale dell’India pre-ariana (civiltà della Valle dell’Indo), dove troviamo già il nostro simbolo, nei pochi reperti sopravvissuti ai millenni, associato a Shiva Pashupati, signore della  natura. Infatti, il “sole padano” dovrebbe essere arrivato a noi dalla Valle dell’Indo tramite i Caldei, prima, e i Celti poi. L’ho trovato, anche, nella colonia romana di Empuries in Spagna, dove si celebrava un culto patriarcale (Sabazos).  L’associazione al Sole delle sei Shakti, anche se può sembrare assurda a noi che abbiamo da sempre dato al Sole un valore maschile, non è illogica, in quanto, abbastanza recentemente la scienza moderna ha identificato nel Sole sei poli, due polari e quattro equatoriali, e sembra che il loro slittamento reciproco, determinato dalle diverse velocità di rotazione, generi il fenomeno ciclico delle macchie solari, che, secondo la cultura Maya, era la chiave della successione degli eventi. Nella storia patriarcale occidentale, invece, il numero sei è in genere stato considerato nefasto e demoniaco. Il numero riferito al Sole ha avuto, nelle antiche civiltà, anche un significato di identificazione di un’epoca. Ad esempio i Maya vivevano l’era di un quarto Sole, mentre gli Aztechi, civilizzazione ad essi successiva ed opposta per valori base, vivevano l’era di un quinto sole. La civiltà dell’occidente attuale vive anch’essa l’era del quinto sole, in quanto il suo numero simbolico fondamentale è il cinque (stella a cinque punte a simbolo di tutte le repubbliche, pentagono, ecc.) Invece, il sole padano può anche simboleggiare una stella a sei punte, il cui significato è contrapposto a quella a cinque punte, simbolo trionfatore dell’era maschilista, rappresentando la grandezza dell’uomo ed il trionfo delle sue realizzazioni (è stata il simbolo del comunismo visto come umanesimo autosufficiente, ed è a tutt’oggi il simbolo dell’“uomo vincente”), mentre la stella a sei punte è, invece, il simbolo dell’armonia e dell’uomo armonizzato e pacificato con la natura. Nella stella a cinque punte si identifica una dominante, due superiori e due inferiori. Nelle sei punte, essendo pari, manca la dominante e si evidenzia il centro come elemento fondamentale. Possiamo suggerire che abbiamo avuto ben illuminati consigli per ridisporre correttamente i cinque elementi della quinta era nella croce (4 + 1) riportando l’elemento dominante al centro, ma cominceremmo ad andare troppo oltre il nostro tema. Ricordo le parole, che mi hanno molto colpito, di un comizio di Umberto Bossi in cui affermava che è definitivamente tramontata l’era delle ideologie, basata sull’esistenza di un elemento dominante, e che sta rinascendo un periodo in cui i valori sorgono dall’inconscio popolare (centro). Questo simbolo sembra veramente in sintonia con queste parole e con i riti dell’acqua e del fiume connessi con la fondazione della Padania e ritenuti da molti estranei alla nostra terra. 

Interpretazione floreale. Il fiore rappresentato in maniera stilizzata a sei petali è il giglio e viene, spesso, associato alla doppia trinità (3 + 3 = 6). Rappresenta una coppia di valori integrantisi, ma contrapposti, cioè, una unità scissa nei sui due opposti complementari (yang-yin, luce-buio, vetta- abisso, ecc.). Dà un’idea di necessaria antitesi per formare una complementarietà contrapposta, unico presupposto per la possibilità di esistenza. Ma, essendo il simbolo bilanciato, non vi è una trinità superiore ed una inferiore, in quanto non si può distinguere un alto e un basso.

Interpretazione cromatica. Il colore verde ci riporta ancora ad un simbolo naturalistico e femminile. Nel passato il verde ha avuto valenze negative; essere al verde, verde dalla rabbia, colorito verdastro come sintomo di malattia e abbinamento col nero come colore di morte e decomposizione. Solo recentemente con la nascita di movimenti culturali naturalisti si è rivalutato il verde come colore della natura e della sua convivenza equilibrata con l’uomo. Il verde rappresenta, quindi, il simbolo dell’uomo che non lotta più contro la natura per crearsi il suo spazio vitale, ma che ritrova nella natura la Madre amorevole. Si tratta del colore della rigenerazione alla fine del vecchio ciclo esistenziale ed all’alba del nuovo. Il germoglio che sorge, dopo che il seme caduto dal frutto maturo dell’albero invecchiato ed assorbito dalla Terra fertile, è stato rinnovato e rinvigorito. Secondo la cultura Maya, l’ultimo Sole, cioè il Sole del più alto ciclo esistenziale, emanerà raggi verdi (= cosmo in armonia). 

Interpretazione circa la forma. Se esaminiamo ogni foglia vediamo che essa simboleggia la mandorla, o il fuso stellare. La mandorla rappresenta la porta di passaggio tra un mondo inferiore ed uno superiore nel senso evolutivo. La stessa iconografia cristiana ufficiale la utilizza però, sembra, senza aver compreso l’equivalenza  mandorla - yoni, cioè supremo principio femminile e porta di passaggio tra  due livelli esistenziali. Notiamo, anche, che il fuso stellare era il centro dell’ascia bipenne, principale simbolo Cretese (cultura matriarcale). 

Interpretazione geometrica. Oltre al cerchio, la figura del sole padano richiama anche il triangolo, sia con la punta rivolta in basso (femminile), che rivolta in alto (maschile), che orizzontali e contrapposti (Androginia del centro). Comunque, il valore di un simbolo è sempre tetravalente, cioè rivolto alle quattro direzioni dello spazio (simbolo della croce) e i significati logici ad esso connessi vanno ricercati in base alle sue modalità di apparizione e alle forze ad esso connesse. I riti con cui si è celebrata la nascita della Padania sono stati un richiamo dei simboli tantrici, femminili ed acquatici. Il fiume aveva il valore maternopaterno di fondatore, fertilizzatore ed unificatore. Nella preistoria anche le popolazioni che abitavano l’Europa avevano una cultura matriarcale ed adoravano la Grande Dea Madre. Si trattava di culture pacifiche schiacciate dagli invasori ariani. La cultura di questo tipo sopravvissuta più a lungo in occidente è quella Cretese che fu sopraffatta dai Micenei e da eventi naturali sfavorevoli. Simbolo cretese era il toro che, curiosamente, ritroviamo come simbolo di uno dei cantoni della Svizzera primitiva (Uri), nonchè della nostra grande città di Torino ad avvalorare la tesi che le antiche popolazioni alpine abbiano avuto, in un lontano passato, una cultura matriarcale (la vacca ed il toro ne sono il simbolo animale tipico, contrapposto all’aquila e al leone delle culture maschiliste, che sono molto comuni negli stemmi stemmi e nell’araldica. Quanti falchi negli emblemi degli attuali stati!) 

Il cerchio che racchiude il sole padano. È un altro simbolo, comune nella nostra pianura, da prendere seriamente in considerazione in quanto richiama l’oroborus, cioè il serpente che si morde la coda formando, col suo corpo, una circonferenza. Il serpente è altresì simbolo di Milano e lo si ritrova in moltissime sculture antiche nelle nostre chiese, dove viene associato a qualche santo che li avrebbe scacciati. In realtà il serpente rappresenta, nel suo aspetto non richiuso su se stesso, un’oscillazione sinusoidale che simboleggia la ciclicità a cui sono soggetti gli eventi umani. Ora, cosa non è mosso da un’oscillazione sinusoidale o somma di oscillazioni sinusoidali di frequenza diversa? La scienza attuale ha rivelato che tutto oscilla e che neppure le più minuscole particelle subatomiche possono essere separate dal loro aspetto di onda (Bohr). A questo proposito può risultare curioso sapere che la forma d’onda di un sistema trifase sinusoidale sfasato di 120° che oscilli in un campo sinusoidale di frequenza dimezzata è esattamente corrispondente al “Sole delle Alpi”. Mi spiego: se  colleghiamo ad un oscilloscopio dotato di quattro tracce le tre tensioni del nostro sistema di distribuzione della corrente elettrica industriale a tre assi X  (ordinate), ed una tensione sinusoidale di frequenza dimezzata all’asse Y  (ascisse) sul nostro schermo vedremo apparire la figura centrale del “Sole delle Alpi”, in quanto una sinusoide oscillante in un campo sinusoidale descrive un’ellisse a parità di frequenza tra i due campi ed un “otto” allargato con frequenza doppia all’asse X. Lo sfasamento di 120° delle altre due tensioni completa il disegno. Non è stupefacente scoprire che un simbolo che si ritrova in civiltà antichissime, lontanissime e non di certo tecnologiche, venga disegnato da un sistema elettrico trifase! Pensiamo, poi, ai simboli solari (Castello Sforzesco) dove dal sole emanano sia raggi rettilinei che raggi sinusoidali. Il simbolo è il linguaggio centrale dell’uomo e sorge dalle profondità più remote della psiche, io sono convinto che la “marcia in più” che ha contraddistinto negli ultimi secoli i popoli anglo-sassoni sia stata determinata dalla forza dei loro miti (tavola rotonda, Santo Graal, eccetera), mentre i popoli latini si sono voltati a contemplare la trascorsa grandezza sperando di far rivivere una civiltà la cui forza mitica si era ormai spenta e ne era rimasta solo una vuota scatola esteriore. In questo momento di decadenza il mito vero che può determinare una vera rinascita può essere ricercato solamente nell’opposto più opposto perchè sempre e solo da lì può sorgere il vero rinnovamento, come ci insegnava Jung e, se si fosse voluto comprenderLo, anche Cristo stesso: battezzava con acqua, diceva ai ciechi di bagnarsi gli occhi con fango (= acqua + terra) camminava sulle acque!  Persino la goffa e pericolosa rinascita dei culti satanici si inquadra in questa  rinascita dei valori sepolti e demonizzati dallo gnosticismo (che ha  addomesticato il Cristianesimo) e, più tardi dall’ideologismo, figlio tardivo dello stesso. Sono rimasto piacevolmente sorpreso dai simboli che stanno accompagnando la rinascita della nostra regione, che deve necessariamente trovarsi un’identità culturale distinta sia dall’antico mondo latino che dall’invecchiato mondo sassone. D’altra parte, anche il cattolicesimo popolare delle nostre genti è vicino ai culti matriarcali; la Vergine è la figura primaria accanto al Cristo, ed i santi popolari sono Antonio e Francesco che convivono con la natura. Abbiamo divagato un poco su di un simbolo e visto quanto da esso si potrebbe sviluppare, anche se non è questa la sede adatta ad un trattato. Ciò di cui sono veramente convinto è che questo simbolo sia sorto dal buio profondo dell’inconscio popolare e che lo scorrere futuro degli eventi sarà  antitetico all’ultimo millennio, in quanto le forze sommerse e schiacciate da un mondo prima superbo e altero, poi infido e corrotto, potranno lentamente, ma inesorabilmente, emergere temprate dall’oscurità, per tracciare una strada nuova lungo cui si possa avviare chi saprà attraversare indenne il “fiume di  putridume” (una delle prove che gli eroi devono superare nel mondo  sotterraneo di Xibalbà del Popol Vuh dei Maya) che caratterizza i nostri tempi, e mantenere accesa la propria fiaccola nella lunga notte fino al sorgere del nuovo sole (Popol Vuh e Vangelo). Concludendo questa breve amplificazione vorrei solamente sottolineare l’aspetto pacifico ed equilibrato del simbolo, ma, anche, la sua determinazione e l’enorme rinnovamento che esso apporta nei confronti dei simboli ancor oggi dominanti, ed il suo sorgere testimonia l’avvicinarsi dell’ora del capovogilmento dei valori.  

Il Sole delle Alpi: un simbolo padano di Gilberto Oneto

Il sole esamero delle Alpi di Davide Fiorini